Tra storia, natura e valori senza tempo
Custodi della memoria e centri di fervida produzione culturale, i grandi musei della provincia di Ravenna conservano tesori di infinito valore, meta ogni anno di centinaia di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo. Accanto a questi, si trovano numerosi altri percorsi espositivi dal forte carattere identitario, porte d’accesso interessanti per conoscere l’anima di questo spicchio di Romagna e dei suoi abitanti.
All’interno della Rocca di Brisighella il Museo “L’Uomo e il Gesso” narra il lungo rapporto dell’uomo con questo territorio e il minerale che lo caratterizza, mentre il Museo del Paesaggio dell’Appennino Faentino, nella Rocca di Riolo Terme, valorizza il periodo medievale e il patrimonio culturale locale. A Faenza meritano un’attenzione particolare per le opere custodite il Museo del Risorgimento e dell’Età contemporanea, il Museo Diocesano, il Museo Casa Bendandi e Osservatorio geofisico comunale, il Museo Torricelliano e il Museo di scienze naturali, il più importante della provincia, con un giardino botanico, una collezione ornitologica e una entomologica di alto valore scientifico.
Spostandosi a Villanova di Bagnacavallo, l’Ecomuseo delle erbe palustri, nelle diverse sale didattiche e multimediali, espone una ricca collezione di attrezzature e manufatti legati alla lavorazione delle vegetazioni spontanee, caratteristica del paese fino agli anni Sessanta del Novecento, mentre all’esterno si trovano vari tipi di capanni fedelmente ricostruiti.
Massa Lombarda, già “Capitale della frutticultura” nel 1927, dedica a quest’attività centrale per il suo sviluppo economico il Museo Adolfo Bonvicini con un vasto patrimonio di storia e tecnica agraria. Sempre qui il Museo Carlo Venturini, caleidoscopio di materiali archeologici, naturalistici, oggetti strani e curiosi, testimonia le diverse pulsioni del collezionismo antiquario ottocentesco. Altrettanto unico e ramificato è il Museo Luigi Varoli di Cotignola, in linea con lo sguardo trasversale di un artista particolarmente apprezzato per i dipinti e le opere di cartapesta.
Tappe imperdibili per gli appassionati di aviazione e storia bellica, sono i due Musei Romagna Air Finders di Fusignano con uniformi e cimeli dell’ultimo conflitto mondiale e, a Lugo, il Museo Francesco Baracca, dedicato all’eroe dei cieli della Grande Guerra e al centro di un recente potenziamento espositivo. A Russi, in frazione San Pancrazio, si trova un interessante Museo della vita contadina in Romagna. Ricche di fascino, infine, sono le collezioni conservate nel Mu seo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo e le targhe devozionali mariane del Museo di San Rocco a Fusignano.
Crediti fotografici
1. Il Museo Varoli a Cotignola, arch. Unione dei Comuni della Bassa Romagna
2. La Rocca di Brisighella, sede del Museo “L’Uomo e il Gesso”, arch. Strada del Sangiovese
3. Il Museo Francesco Baracca a Lugo, arch. Unione dei Comuni della Bassa Romagna
4. Cappelletti romagnoli al ragù, arch. Strada del Sangiovese
5. Il Museo Adolfo Bonvicini a Massa Lombarda, arch. Unione dei Comuni della Bassa Romagna
Nel piatto – Le minestre della Romagna
Da sempre la cucina popolare romagnola vede il trionfo di zuppe e minestre in brodo. I cappelletti sono il piatto della festa per eccellenza: Pellegrino Artusi li preferisce con il ripieno di solo formaggio, ma c’è chi aggiunge un po’ di carne. Altra minestra tipica sono i passatelli, cilindretti fatti di un impasto d’uova, pane grattugiato e parmigiano, per molti aspetti simili alla tardura cotta in brodo di cappone e manzo. Paste dalla lunga tradizione sono anche i manfrigoli, i garganelli, gli strichetti (farfalline), gli strozzapreti e la spoja lorda.
Ai tempi della Prima guerra mondiale si inizia a scolare il brodo e a condire la pasta con ragù o altre salse. Pur non essendo una pasta esclusiva della Romagna, le tagliatelle qui sono assai diffuse, anche con alcune declinazioni uniche come le “Tagliatelle al sugo di fagioli, alla maniera di Cotignola”, ricetta decretata nel 2006 dalla delegazione di Ravenna dell’Accademia Italiana della Cucina.
Nel calice – Romagna Albana DOCG
Il nome di questo vino, secondo una leggenda servito in coppe dorate alla corte di Ravenna ai tempi della figlia dell’imperatore Teodosio Galla Placidia, sembra derivare dal termine latino “albus” (bianco). Con una presenza documentata in Romagna fin dal 1495, è il primo vino bianco in Italia a ottenere la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) nel 1987.
Prodotto dall’omonimo vitigno, l’Albana ha struttura e morbidezza notevoli, perfettamente bilanciate da freschezza e tannini, presenza davvero rara in un bianco. A seconda della zona di produzione ha profumi che vanno dal floreale al fruttato. Diffusa in passato come vino dolce, è nella versione secca e passita che dimostra tutto il suo splendore.
Un vino ottimo da abbinare a cappelletti ripieni di formaggio e altri primi piatti della tradizione romagnola, pesce e carni bianche; la versione passita è ideale con pasticceria secca o formaggi saporiti.
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