Castrato di Romagna

Castrato di Romagna

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Denominazioni locali
Castrè, castron

Castrato arrosto

Durante feste, sagre e pranzi in famiglia, il castrato è da tempo protagonista nella cucina di Romagna 

Castrato in casseruola

Anche il grande Artusi non poteva esimersi nell’inserire nel suo “La Scienza in Cucina”. Diverse le preparazioni, tutte molto golose.

Castrato alla griglia

Sicuramente la preparazione con il castrato più tipica della cucina romagnola. 

Caratteristiche del prodotto
Viene definito “castrato”, la carne fresca ottenuta da ovini maschi sottoposti al processo di castrazione ed aventi pesi ed età idonei (5-9 mesi di età e peso tra 40 e 80 kg circa).
Il castrato viene tradizionalmente prodotto partendo da soggetti maschi di razze specializzate da carne o derivate da incroci finalizzati alla produzione di carne, ma anche a partire dalle varie razze da carne tradizionalmente presenti sul territorio romagnolo (Bergamasca, Biellese, razze appenniniche varie, ecc.). Il castrato viene prodotto sottoponendo l’agnello di giovane età alla castrazione per compressione, oggi l’età di questa operazione è abbastanza precoce (meno di 1 mese), mentre un tempo si castravano soggetti di circa 3-4 mesi. Il castrato per poter essere definito tale deve possedere pesi ed età maggiori dei classici agnelli (minimo 5 mesi e un peso di 40 kg), ma per garantire sapore e gusto alle carni è necessario un periodo di allevamento fino a 6-9 mesi o anche fino ad un anno, con un peso di 60-80 kg. Caratteristica è anche la modalità di allevamento, infatti i castrati possono essere allevati al pascolo insieme alle pecore, con una adeguata integrazione di cereali e granaglie, specie nell’ultimo periodo prima della macellazione, che viene trascorso in ovile.
Dopo la macellazione è necessario un periodo di frollatura delle carni in frigorifero per almeno 5-8 giorni.

Sagre e feste tradizionali in cui il prodotto viene preparato
Sagra del castrato. Bagnara di Romagna (RA) – Aprile.
Sagra del castrato. Fossolo (RA) – Maggio.

Diffusione e areale tipico di produzione
Attualmente la zona di produzione tipica è costituita dalla Romagna storica e quindi dalle province di Ravenna, Forli-Cesena e parte di quella di Bologna sino al Comune di Castel San Pietro compreso dove è ancora presente l’allevamento ovino.

Un po’ di storia
Nonostante la diffusione del pascolo suinicolo nella Valle Padana, i romani mantennero la tradizione mediterranea dell’allevamento ovino, e la netta separazione tra usi alimentari dei Romani e delle popolazioni padane (Galli) si rese ancora più evidente in epoca Medievale, dopo l’arrivo dei Longobardi. L’attuale territorio emiliano, fino a Bologna, fu inglobato nell’area dominata dai Longobardi, mentre la “Romagna”, che proprio in quel periodo fu identificata con questo nome a causa del persistere della tradizione romana, rimase all’interno dei territori bizantini. Alla frattura politica si accompagnò anche una diversificazione economica e degli usi alimentari che si è mantenuta fino ai giorni nostri: l’Emilia è l’area suinicola per eccellenza, mentre in Romagna le carni di maiale si accompagnano a quelle di pecora, e di “castrato” in particolare, che oltre Bologna sono praticamente sconosciute (Baruzzi e Montanari, 1981).

Nel Trecento, il Trattato della agricoltura di Pier de’ Crescenzi, al libro nono, dedica un apposito capitolo (cap. LXXIV) agli agnelli e quando si castrino (De’ Crescenzi et al., 1851) “Il castrato è una carne peculiare alla Romagna, il cui uso viene a mancare proprio a Castel S. Pietro, vecchia terra di confine tra emiliani (lombardi) e romagnoli (bizantini)” (Camporesi, 1977).

La presenza di animali al pascolo sul territorio ravennate, in certi periodi dell’anno, ci viene documentato anche dagli Statuti di Ravenna (Pasolini, 1868), di difficile datazione, ma ascrivibili ad un lasso di tempo tra l’inizio del XIV secolo e il 1590 (data di pubblicazione dell’ultima raccolta, delle tre disponibili per il Pasolini). Da questi statuti risultava che al 15 di settembre venivano nominati dei custodi che dovevano “impedire che bestia di qualsiasi maniera entrasse nel territorio, senza aver prima pagata la tassa al Massaro del Comune”, che era di un soldo di Ravenna “per ogni pecora, montone, capra, becco e castrato”. Gli animali potevano rimanere al pascolo fino a tutto il mese di Febbraio “durante il quale i loro conduttori non saranno mai molestati per i danni che possono cagionare. Ma entro l’ottavo giorno di Aprile i bestiami dovranno esser condotti e tenuti fuori del territorio, avendo prima soddisfatto al pagamento di tutti i dazi ed a tutti i danni arrecati” (Pasolini, 1868).

Nel libro di cucina di metà Cinquecento del Messisbugo (1559), tra le carni da utilizzare per la preparazione di banchetti e pranzi di rappresentanza viene citato anche il “Castrone” (in altre pagine “Castrato”), a testimonianza che nel Cinquecento era tenuta in buona considerazione questa tipologia di carne.

La presenza della categoria “Castrato”, insieme ad agnelli e capretti, in un prezziario modenese del 1709 attesta quanto meno la distribuzione, se non anche la produzione, di questo tipo di animali pure in altre aree della regione Emilia-Romagna, oltre alla Romagna.
Pellegrino Artusi (Artusi, 1992), a fine Ottocento, include alcune ricette relative al castrato nel primo vero ricettario di cucina italiano.
Nell’almanacco ravennate del 1956, viene riportato un numero di capi ovini di circa 16.000 sul territorio provinciale e Tino Dalla Valle dedica alcune pagine alla cucina di Ravenna, da cui si evince l’apprezzamento per le carni ovine: “Braciole di castrato, normalmente cotte ai ferri, carne saporosissima e ad alto potere nutritivo. Agnello al forno, specialità che viene preparata specialmente in primavera, gustosissima, viene drogata con rosmarino ed altri ingredienti”. All’inizio degli anni ’70, la densità dei greggi ovini si era già drasticamente ridotto intorno ai 6.000 capi (AA.VV., 1973).

Probabilmente, l’utilizzo della carne ovina nella Bassa Romagna si è mantenuto nel tempo, poiché le aree di pianura e del litorale erano la meta invernale dei pastori appenninici che trasferivano lì le loro greggi e potevano compensare l’eventuale ospitalità delle famiglie locali con la cessione di uno o più agnelli.

La pratica della castrazione era probabilmente un buon metodo per prolungare il periodo di utilizzo degli agnelli.
Nella località “Ponte di ferro”, al confine tra i comuni di Bagnacavallo, Russi e Cotignola, è rimasta attiva, fino agli anni ’90 del XX secolo, una macelleria che trattava in modo particolare carne di Castrato; oggi è stata trasformata in un ristorante che propone come specialità questo tipo di carne.

Il “castrato di Romagna” risulta nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali (DM 16 giugno 2010).

Scopri gli altri prodotti tipici locali

Castrato arrosto

Ingredienti

600 g di spalla dicastrato, foglie di salvia tritate, rametto di salvia, spicchio di aglio, cucchiai d’EVO Brisighella DOP, sale, pepe

Preparazione

Legate la carne con lo spago e con un coltello praticate nella carne dei taglietti, nei quali introdurrete i pezzetti di aglio, sale e pepe e foglie di salvia tritate.
Mettere l’arrosto in una pirofila con un rametto di salvia e l’olio Evo di Brisighella e infornare in forno ben caldo.
Fate colorire la carne uniformemente per 20 minuti, quindi abbassate il calore e continuate la cottura per un’ora circa, bagnando di tanto in tanto con il fondo di cottura.

Castrato in casseruola alla maniera di Artusi

Ingredienti

Spalla di castrato, pancetta, burro, cipolla, mazzetto di erbe fin, pomodori, chiodi di garofano, sale e pepe

Preparazione

…”Prendete una spalla di castrato e dopo averla disossata, steccatela con lardelli di lardone involti nel sale e nel pepe. Salatela alquanto, poi arricchita e legata stretta, mettetela a fuoco con grammi 40 di burro e mezza cipolla steccata con un chiodi di garofano e fatele rendere colore Ritirata la cazzaruola dal fuoco, versateci un bicchiere d’acqua o meglio brodo,una cucchiaiata di acquavite, un mazzetto odoroso e, se è tempo dei pomodori, alcuni di questi spezzati. Fate bollire adagio per circa tre ore colla cazzaruola chiusa con doppio foglio di carta, rivoltando spesso il pezzo della carne. Quando sarà cotta, gettate via la cipolla, passate il sugo, disgrassatelo ed unitelo alla carne quando la mandate in tavola”…

Castrato alla griglia

Ingredienti

Bacchette e cosciotto di castrato a fette, Evo Brisighella DOP, rosmarino, sale, pepe

Preparazione

Lavate e asciugate le bacchette e le fette di cosciotto di castrato. Adagiate il tutto in una larga terrina e marinare con un un pizzico di sale, una generosa macinata di pepe, l’EVO di Brisighella DOP e un del rosmarino. Lasciate riposare le braciole nella marinata per 1 ora. quindi estraete la carne dalla marinata, sgocciolandola accuratamente. Scaldate bene la griglia, posandola sulla fiamma viva, quindi sistematevi sopra il castrato  facendolo ben dorare da entrambe le parti.

In abbinamento

Una bottiglia di Romagna Doc Sangiovese Superiore è sicuramente un’ottima scelta.
Il suggerimento di giornata è il Centurione della cantina Stefano Ferrucci di Castel Bolognese:
un Sangiovese dai profumi intensi e persistenti di marasca e viola e con un sapore pieno e asciutto
che ben si accompagna al sapore e alla morbidezza del Castrato.

Prodotto da uve Sangiovese scelte, diraspate e lasciate fermentare a
temperatura controllata in presenza di lieviti selezionati in vasche di cemento vetrificato.
Ha colore rosso rubino brillante, profumo intenso e persistente di marasca e viola, sapore pieno e
asciutto con buon nerbo e stoffa.

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