Rane o ranocchi

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Zuppa di ranocchi

Il padre della Cucina italiana Pellegrino Artusi dedica nella sua opera dedica ben quattro ricette al ranocchio, tutte da provare!

Risotto con le rane

Veronelli, una delle figure centrali nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano, propone questo gutosissimo risotto.

Rane Fritte

Grande classico della cucina della Bassa Romagna: un secondo piatto di origine poverissima, non molto comune, ma molto saporito e di facile realizzazione.

Caratteristiche del prodotto
Le rane hanno una carne nutriente e dal gusto delicato, e normalmente vengono servite fritte o in guazzetto, più rara è la preparazione del famoso brodo di rane o l’utilizzo come condimento per il riso.

Sagre e feste tradizionali in cui il prodotto viene preparato
Sagra del ranocchio – Conselice – Settembre

Diffusione e areale tipico di produzione
Bassa Romagna e in prossimità di laghetti e corsi d’acqua.

Un po’ di storia

La rane del Ravennate erano note sin dall’antichità, tanto che Marziale (I sec. a.C.) nella sua invettiva contro Vetustilla (Epigramma 93, Libro III) se ne serve per una metafora sulla sua voce gracchiante: “Meliusque ranae garriant Ravennates” (Tu di cui meglio gracchiano le rane ravennate) (Marziale, 1842).

Plinio il Vecchio, dedica il libro XXXII della sua Storia Naturale alle medicine d’animali acquatici e illustra parecchi rimedi che si possono ottenere dalle rane e di come possano essere assunte come cibo: “Ranocchi d’acqua cotti in vino vecchio: & farro & presi in cibo ma bisogna bere col medesimo vaso dove sono stati mangiati” (Gaio Plunio Secondo, 1982).

La nuovissima guida dei viaggiatori in Italia di inizio Ottocento, apre la sua presentazione della città di Ravenna, ribadendo che Marziale ne aveva lodati gli asparagi e le rane (AA.VV., 1834).

D’altra parte, a quei tempi, i dintorni di Ravenna si presentavano spesso ancora paludosi, e per questo particolarmente adatti alla coltivazione del riso e all’allevamento dei ranoccchi.

La carne di rana è piuttosto nutriente e ricca di ferro, e nei secoli passati, per le popolazioni contadine delle aree umide della Bassa Romagna, costituiva l’unico apporto di proteine animali di una certa importanza. Nel corso dell’Ottocento, nelle campagne acquitrinose di Conselice e Alfonsine si diffuse la risicoltura (400 ettari nel 1899), poiché il riso costituiva l’unica possibilità di ricavare qualcosa da terreni spesso coperti dalle acque, nella speranza che col tempo gli acquitrini si colmassero e si potesse intraprendere la coltivazione dei cerali. In questo contesto si svolgeva di pari passo l’allevamento delle rane, tanto che Conselice ha acquisito il nome di “paese dei ranocchi” e recentemente ha dedicato a questo prezioso anfibio un monumento.

Nel passato il brodo di rana era considerato un vero e proprio ricostituente, comunque col tempo la rana passò da cibo dei poveri a cibo per intenditori, divenendo oggetto di vere e proprie ricette, come la “Zuppa di ranocchi, ricetta n. 64” dell’Artusi, accompagnata da alcune informazioni sull’animale:

Certi usi del mercato di Firenze non mi vanno. Quando vi nettano i ranocchi, se non ci badate, gettano via le uova che sono le migliori. ……. Avanti di descrivervi la zuppa di ranocchi voglio dirvi qualche cosa di questo anfibio dell’ordine de’ batraci (rana esculenta), perché, veramente, merita di essere notata la metamorfosi ch’esso subisce. Nel primo periodo della loro esistenza si vedono i ranocchi guizzare nelle acque in figura di un pesciolino tutto testa e coda che gli zoologi chiamano girino. Come i pesci, respira per branchie prima esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi in questo stato di vegetali ha l’intestino come quello di tutti gli erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo punto del suo sviluppo, circa a due mesi dalla nascita, perde, per riassorbimento, la coda, sostituisce alle branchie i polmoni e mandando fuori gli arti, cioè le quattro zampe che prima non apparivano, si trasforma completamente e diventa una rana. Nutrendosi allora di sostanze animali, ossia di insetti, l’intestino si accorcia per adattarsi a questa sorta di cibo. è dunque erronea l’opinione volgare che i ranocchi siano più grassi nel mese di maggio perché mangiano il grano. Gli anfibi tutti, i rospi compresi, sono a torto perseguitati dal volgo essendo essi di grande utilità all’agricoltura, agli orti e ai giardini in ispecie, per la distruzione de’ vermi, delle lumache e de’ tanti insetti di cui si cibano. La pelle del rospo e della salamandra trasuda, è vero, un umore acre e velenoso; ma in sì piccola dose rispetto alla mucosità a cui si unisce, che non può recare nessun nocumento. Ed è appunto per questa mucosità, che la salamandra secerne in gran copia, che la medesima, potendo reggere per qualche istante all’ardore del fuoco, diede origine alla favola che tale anfibio sia dotato della virtù di restare incolume in mezzo alle fiamme.

Il brodo dei ranocchi essendo rinfrescante e dolcificante viene raccomandato nelle malattie di petto, nelle infiammazioni lente degl’intestini ed è opportunamente usato sul finire delle malattie infiammatorie e in tutti quei casi in cui l’infermo ha bisogno di un nutrimento non stimolante.
Le carni bianche, come quelle dei ranocchi, agnelli, capretti, pollastri, fagiani, ecc., essendo povere di fibrina e ricche di albumina, convengono alle persone di apparecchio digestivo delicato e molto impressionabili e a chi non affatica i muscoli col lavoro materiale.

Le diverse modalità con cui venivano preparate le rane nella Bassa Romagna vengono ben illustrate da Giovanni Manzoni, che propone diverse ricette e alcuni appunti: “l brodo di ranocchi veniva fatto per gli infermi solamente con acqua e questi animali” (Manzoni, 1986).

Recentemente anche l’enogastronomo romagnolo Graziano Pozzetto ha dedicato le sue attenzioni a questa specialità gastronomica (Pozzetto, 2004; Pozzetto, 2008)

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Zuppa di ranocchi

…”Ma veniamo alla zuppa di ranocchi: due dozzine di ranocchi, se sono grossi, potrebbero forse bastare per quattro o cinque persone, ma meglio è abbondare.
Levate loro le coscie e mettetele da parte.
Fate un battuto abbondante con due spicchi d’aglio, prezzemolo, carota,  sedano e basilico se vi piace: se avete in orrore l’aglio, servitevi di cipolla.
Mettetelo al fuoco con sale, pepe e olio a buona misura e quando l’aglio comincia a prender colore gettate giù i ranocchi. Rimoveteli di quando in quando onde non s’attacchino, e, tirato che abbiano buona parte dell’umido, buttate dentro pomodori a pezzi o, mancando questi, conserva allungata coll’acqua. Fate bollire ancora, e per ultima versate l’acqua occorrente per bagnare la zuppa, tenendo il tutto sul fuoco fin tanto che i ranocchi sieno cotti e disfatti.
Allora passate ogni cosa dal lo staccio, premendo bene onde non restino che le ossicine.
Mettete a bollire le coscie, lasciate addietro, in un poco di questo brodo passato e disossatele quando saranno cotte per mescolarle nella zuppa insieme con pezzetti di funghi secchi fatti rammollire.
Il pane arrostitelo a fette che taglierete a dadi piuttosto grossi.”

Tratto da “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” di Pellegrino Artusi

Risotto con le rane

Ingredienti
350 g di Riso del Delta IGP, 24 rane, 50 g di burro, 2 carote, 2 cipolle piccole, sedano, aglio, una manciata di prezzemolo, EVO Brisighella DOP, Romagna Trebbiano DOP, sale di Cervia, pepe, Parmigiano

Preparazione
Pulire le rane, lavarle e usare solo le cosce sfilando lossicino.
Lavare e tritare il prezzeolo, l’aglio, le carote, una cipolla, il sedano e mettere a doffriggere in una casseruaola con tre cucchaiate d’olio.
Unire le cosce d rana, coperchare e lasciare soffriggere lenramente.
In un’altra casseruala far soffriggere con un po’ d’EVO la cipolla tritata, quindi unire il riso, tostarlo. nagarlo con il vino bianco che deve essere laciato ad evaporare.
Portare il riso a cottura aggiungendo il brodo necessario.
Qualche minuto prima di toglierlo dal fuoco, aggiustare di sale e pepe, aggiungere le cosce di rana con il loro sugo e mantecare con del burro e parmigiano.

Rane Fritte

Ingredienti
un buon numero di rane per ogni commensale, uovo, farina, pane grattati, burro nostrano quanto basta, sale dolce di Cervia

Preparazione
Dopo averle spellate e pulite bisogna incrociare, ad ogni rana, le zampe posteriori. Passarle nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pan grattato. In una padella si fa rosolare il burro e poi si dispongono le rane. Dopo alcuni minuti, si girano ad una ad una . Quindi si abbassa la fiamma, girandole ogni tanto in modo da farle cuocere bene anche all’interno. Salare a piacere dopo aver asciugato il grasso in eccesso.

In abbinamento

L’ideale è un vino bianco fermo con una certa aromaticità e freschezza. La scelta migliore lungo la Strada della Romagna è allora un bel Famoso e la bottiglia consigliata è il Ravenna Igt Famoso Vip della cantina La Sabbiona di Faenza. 

Profumi fragranti di mela e biancospino, eleganza e discreta morbidezza con una buona sapidità: l’abbinamento è servito!

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